di Sebastian Rizzato
I giornalisti dell’Alfieri News hanno deciso di intervistare Antonio Pappadà, un giocatore di prima categoria. Antonio nella sua carriera ha militato in molte squadre ma attualmente gioca al Cassine, nel girone g di prima categoria Piemonte. In questa intervista cercheremo di conoscere meglio le esperienze vissute nella sua carriera calcistica. Iniziamo!
Cos’è per te il calcio?
Per me il calcio è uno stile di vita, mi piace. Avrei voluto giocare anche da un punto di vista lavorativo, ma non ci sono riuscito e così è diventato uno stile di vita.
Nella tua carriera qual è stata la partita che ti ha dato più soddisfazione?
La partita che mi ha dato più soddisfazione è stata la finale contro il Derthona prima categoria: grazie a quell’incontro abbiamo vinto il campionato. Era uno spareggio, c’era tanta gente è andata bene ed è stata la più emozionante, anche grazie a tutti i tifosi.
Quale goal ti è piaciuto di più, tra quelli che hai segnato?
Facendo il difensore, non ne ho segnati molti. Allora, invece del preferito, ti dico il più recente: la settimana scorsa, quello che ha portato la squadra prima in classifica.
Quale ruolo ritieni più complicato?
Non ce n’è uno in particolare, secondo me ne esistono tanti. Se proprio dovessi sceglierne uno ti dire il centrocampista, perché deve fare sia la fase offensiva sia quella difensiva.
Ma sei stato tu a decidere il ruolo quando hai iniziato a giocare a calcio?
Diciamo che le mie caratteristiche mi hanno portato a fare quel ruolo. Ho iniziato da terzino, perché avevo una bella corsa e tanta resistenza, poi con gli anni sono passato a difensore centrale, perché avevo la tendenza di comandare la difesa.
Se dovessi ricominciare da zero la tua vita sceglieresti ancora il calcio?
Sì, perché mi ha dato delle grosse soddisfazioni.
Come si è evoluto il calcio da quando eri piccolino ed hai iniziato a praticarlo fino ad oggi?
Il calcio da quando ho iniziato io ad oggi si è evoluto davvero tanto: una volta era molto più fisico, con il difensore che doveva difendere e l’attaccante che doveva segnare. Oggi, invece, non c’è un ruolo preciso, è diventato molto più tecnico e molto più complicato.
Ma quale dei due modi preferisci?
Per le mie caratteristiche, preferisco il vecchio stile. Sono un giocatore di impeto, è più facile per me. Oggi serve una determinata bravura tecnica, per non far troppa fatica.
Nonostante la tua età – diciamo che sei quasi a fine carriera calcistica – cos’è che ti spinge a continuare?
L’atmosfera e lo spogliatoio, sia quello della domenica che quelli durante la settimana. Mi piace stare insieme ai ragazzi, mi piace l’adrenalina della partita. Mi fa andare ancora avanti.
C’è una squadra che ti è rimasta nel cuore?
Ho avuto la fortuna di giocare in tante squadre, con bravissimi giocatori. Quando ero giovane, però, durante i miei anni all’Eccellenza, ho giocato nel “Sale”: ho avuto al mio fianco dei signori giocatori, che mi hanno insegnato quello che so ora, trasmettendomi sicurezza.
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