di Marta Badavelli
Giovanni Bagnasco lavora come tipografo dal 1981: siamo andati a trovarlo il 27 marzo, per farci raccontare come sia il suo lavoro, quali siano le difficoltà e come funzioni un’azienda tipografica. Arrivati sul luogo dell’intervista, nell’azienda di Spinetta Marengo, ci siamo seduti e abbiamo iniziato subito con le domande.
Come è nata questa sua passione per la tipografia?
Casualmente, è nata in un viaggio organizzato che ho fatto con dei signori di Spinetta: ho passato tante ore sul pullman, soprattutto nel viaggio di ritorno, con Alberto Mazzini, un grafico pubblicitario. Io avevo la vostra età e sono rimasto affascinato da quel mondo. Così, qualche giorno dopo, mi sono fatto accompagnare a trovarlo e ho iniziato a scoprire il mestiere della litografia, che era molto diverso da adesso. Non c’erano ancora programmi specializzati, il testo veniva ancora battuto con il Lynotipe. Si usava una composizione a caldo, con il piombo, che poi veniva fotografata con la reprocamera, una macchina fotografica ad alta definizione, e poi tutto veniva impaginato con un tavolo luminoso che permetteva di vedere tutti quelli che erano i vari impianti. La composizione testuale veniva smezzata con quello che erano la grafica e le fotografie, per poi rifotografare tutto sempre per mezzo della reprocamera su pellicola fotografica. Iniziava allora quello che è il percorso quasi contemporaneo della litografia: veniva realizzata la lastra clichè e poi si andava sulla macchina da stampa.
Quanto è difficile il suo lavoro da 1 a 10?
Undici, soprattutto perché raggruppa tanti sottoinsiemi di mestieri, partendo dal magazzinieri, al muletto da carico e scarico, fino ad arrivare a chi porta il materiale in giro e chi deve avere una capacità grafica molto alta. C’è chi deve avere informazioni tecnologiche sempre più affinate e invece, per quanto riguarda la parte di stampa, ci servono macchinisti sempre reperibili. Quindi se qualcuno di voi ha tanta attitudine pratica, potrà intraprendere il mestiere del macchinista litografo, che è un mestiere ricercatissimo oggi e darebbe sbocchi molto alti per quanto riguarda le occasioni di lavoro.
Lo consiglierebbe a qualche ragazzo della nostra età?
Sì e no. Sì, perché è il mio mestiere e mi piace tantissimo, appassiona veramente tanto, ti dà la possibilità di spaziare in tutto quello che è la capacità artistica, oggi più di un tempo. Una volta la tipografia era intesa come l’arte della composizione: bisognava avere attitudine, capacità, esperienza, buona scuola professionale alle spalle e da lì si ottenevano risultati veramente alti. Oggi la libertà grafica in tipografia è tanto limitata, sia perché chi arriva in tipografia arriva già con le bozze fatte e sotto quell’aspetto è più limitante, rispetto ad una volta. Per quanto riguarda la risposta negativa, è un mestiere che porta tante “grane”. Fare l’imprenditore grafico comporta veramente varie sfaccettature e tantissime problematiche: ad esempio i colori che a volte non corrispondono a quello che il cliente vuole. Servono una formazione molto alta, sempre aggiornata, e strumenti performanti. Le macchine da stampa oggi sono strumenti complicatissimi che, per mantenerli sempre al top della produzione servono investimenti molto alti.
Perché le piace il suo lavoro?
Perché è molto creativo. E’ un lavoro che ti fa spaziare con la mente e poi perché comunque, avendolo individuato ancora da ragazzino, mi ricorda tante parti della mia gioventù. Io ho investito tanto in questo lavoro, ci ho creduto tanto e mi è sempre piaciuto fin da piccolo: a me piaceva andare in tipografia e sentire l’odore che c’era in tipografia.
Qual è invece la sua macchina preferita?
La macchina più vecchia: la stella. E’ una macchina tipografica che fa parte del museo della tipografia e pensate che si è vista anche in spezzoni di film, tra cui il più famoso “La banda degli onesti”, dove Totò e Peppino stampavano i soldi e cantavano “La Filigrana”. Quindi è la macchina che mi piace più di tutti perché comunque è legata a questa grandiosità della tipografia.
Mi racconta un momento bello del suo lavoro?
Tutti i momenti in cui abbiamo stampato lavori che non avrei mai pensato di arrivare a ottenere. Il nostro business più alto sono le etichette dell’acqua minerale e pensate che quando ho intrapreso questo lavoro, a me piaceva tantissimo stampare i manifesti, che allora si componevano ancora a mano con piombo, legno, plastica ed era un lavoro molto creativo. Pensavo con molta tristezza a coloro che stampavano le etichette e mi dicevo che non avrei mai fatto un lavoro del genere. A distanza di trent’anni invece è diventato il mio lavoro principale e vi posso dire che, la parte piacevole di questo lavoro, è passare al supermercato e vedere le tue etichette e pensare che le hai stampate tu.
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