di Beatrice Sperandio e Margherita Foco
Com’era Spinetta, diversi anni fa? E com’é fare davvero il giornalista? Queste sono due delle domande che noi giovani redattori dell’Alfieri News, abitanti di Spinetta Marengo, ci facciamo più spesso. Lo abbiamo chiesto ai nostri genitori e ai nostri parenti, ma nessuno ci ha mai dato una risposta che ci convincesse totalmente. Per questo abbiamo intervistato Marco Caramagna, giornalista da sessant’anni, che ha vissuto tutta la sua infanzia a Spinetta Marengo. Ci ha raccontato com’era il nostro paese, ci ha spiegato quanto sia cambiata la nostra scuola – che ha frequentato anche lui! – e ci ha parlato di molte cose, alcune delle quali ormai scomparse. E poi, ovviamente, abbiamo parlato del suo lavoro da giornalista…ed é qui che la situazione si è fatta interessante!
Com’era la nostra scuola, un tempo?
Molto diversa dai giorni d’oggi, anche se rientrandoci mi sembra che il tempo non sia passato: c’erano, però, alcune differenze. Intanto non aveva il secondo piano, che è stato aggiunto in un secondo momento. Poi c’era un ambulatorio, un’area che faceva da residenza per il collaboratore scolastico, un magnifico corrimano lungo tutte le scale. E poi, parlando di materie, c’era il latino, per tutti, tra gli insegnamenti diurni.
E Spinetta era tanto diversa?
Ti racconto una storia: negli anni ’60 del secolo scorso, a Spinetta, qualcuno aveva vinto il primo premio della lotteria di Monza. Voci mai confermate avevano attribuito la vittoria al panettiere del paese, che aveva il forno a metà via Genova, di fronte alla pizzeria Tiramisù. Un giornalista de “Il Giorno”, per fare un articolo su questa vicenda, aveva visitato Spinetta e l’ aveva definita “paese da Far West”, raccontando come le case fossero tutte basse, allineate, uguali da entrambi i lati della strada. C’erano tante biciclette e quasi nessuna macchina ed un trenino, che portava dallo Zuccherificio (ndr: è quell’area che trovate andando verso Alessandria, recintata e ormai abbandonata!) alla stazione: molti spinettesi lavoravano lì! Esisteva anche un cinema, il Politeama, che era aperto tutti i giorni dell’anno, ospitava seicento spettatori ed era all’avanguardia, con porte d’emergenza e muri in materiale antincendio. L’industria della lavorazione del sughero, poi, era una delle ricchezze spinettesi: pensa che le

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cortecce provenienti dal Portogallo venivano lavorate qui, per ottenere il sughero. C’erano diversi locali, spesso frequentati dai giovani, un laboratorio artigianale di sartoria nella costruzione bassa, tipicamente spinettese, in cui ora c’è un bed and breakfast. Al posto del palazzo dove fino qualche mese fa vi era una filiale di banca c’era un’abitazione con giardino centrale, di proprietà di Carletto Palenzona, un distinto signore amante delle statue e curatore della chiesa dell’oratorio dove, la domenica, veniva celebrata la messa alle 10:00. E poi dove ora c’è il Bar dell’Angolo, al confine con via Maruera, si trovava un mulino, mentre durante le feste si ballava nella sala da ballo “Eden” o al “Piccadilly”, che ha ospitato artisti come Fausto Leali o i Camaleonti.
Parliamo ora di giornalismo: quando ha deciso che sarebbe stato il suo futuro?
Ho iniziato ad affacciarmi nel mondo del giornalismo a sedici anni, iniziando a scrivere per un piccolo giornalino, intitolato “Parole e Fatti”. All’età di 20 anni sono andato a Roma, per due anni, per il Centro Sperimentale della Fotografia: il mio sogno non era di fare il giornalista, ma il regista cinematografico e, per seguire questo sogno, sono stato il segretario della redazione romana di Cineforum. Poi la vita ha preso altre pieghe e altre strade e mi sono ritrovato a scrivere e ad essere un giornalista, incontrando personalità come il Presidente Mattarella o il giornalista Ferruccio De Bortoli. Ho lavorato per ventisei anni come capoufficio stampa della Provincia di Alessandria e sono stato il direttore di Voce Alessandrina, il settimanale diocesano, a partire dal 1983, ho diretto A+, rivista di promozione culturale della Provincia, e Valenza Gioielli. Insomma, alla fine ho scelto il giornalismo.
I giornali sono cambiati molto, da quando ha iniziato?
Sì, sia dal punto di vista pratico – veniva stampato a caldo, fatto con il piombo seguendo il menabò – che da quello dei contenuti: in passato si privilegiava la cronaca ed era strutturalmente diversissimo da oggi. Ma era diversa l’informazione, era diverso il mondo, c’erano altri ritmi…
Ha un consiglio da lasciare a noi giovani redattori?
Certo. Non smettete mai di informarvi. Serve curiosità, passione e competenza, per fare bene questo lavoro. Non bisogna mai stancarsi di farsi domande.
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